Vivisezione

Tipologie di stanchezza che ho conosciuto nella vita in ordine sparso.
Stanchezza numero uno: la stanchezza della carne, quella che si prova quando per esempio si corre e corre e corre e il corpo a un certo punto per evitare di rompersi è obbligato a fermarsi. Corollario numero uno: il corpo è una macchina fatta di pezzi ma senza ricambi. Qualcuno dovrebbe consegnarci una garanzia quando nasciamo, tutto sarebbe più semplice. Ricordarsi di chiedere se il mio di corpo è ancora in garanzia. A chi? Dio? Mia madre? Avrei dei reclami da fare.

Stanchezza numero due: la stanchezza della testa di quando si è troppo letto o pensato e c’è qualcosa di pesante sulla fronte e viene sonno ma un sonno strano, non normale. Causa talvolta emicrania, noia dopo i pasti. Corollario numero due: quando si è stanchi di testa ma non viene sonno è peggio: se alla fine ci si riesce, ad addormentarsi, sicuro che poi dopo, quando ci si sveglia, si è ancora stanchi.

Stanchezza numero tre: la stanchezza della tristezza. Si presenta in occasioni particolari, in concomitanza con perdite e confusioni di specie varia. È in pratica quando sei troppo stanco di essere triste per continuare a essere triste attivamente, però sei anche troppo triste per poter smettere di essere triste. La tristezza ibrida quindi anche il sonno. Nel corpo si può manifestare in modi diversi a seconda del soggetto che la sperimenta; per me, è un buco nel petto, all’altezza dello stomaco. Corollario numero tre: quando si ha la tristezza della stanchezza o la stanchezza della tristezza raramente capita di piangere. Forse le lacrime cadono tutte quante nel buco nel petto, che ha la bocca larga e le lecca via insieme a tutto il sale. Anche se ho sentito dire che il sale disinfetta le ferite, questo non aiuta il buco a chiudersi. Non lo aiuta proprio mai.


© Melissa Brusati, 2024.

Giulia Gaveglio (1992) vive e lavora a Milano. È laureata in Filosofia e diplomata presso la Scuola Holden di Torino. Suoi racconti sono apparsi su antologie e riviste come «Neutopia» e «Linoleum». Il suo racconto Melancholia è arrivato in finale al Premio Letterario L’Avvelenata. A gennaio del 2024 ha pubblicato il romanzo Il rumore dell’acqua per Affiori edizioni.


Melissa Brusati. Estate 1994, Melissa nasce in casa perché alla madre fanno schifo gli ospedali, cresce al nord tra i mari quadrati e sogna di morire presto. Non è battezzata ma Dio ha la forma delle suore della scuola materna e della nonna testimone di Geova che non le suona al citofono. Melissa mangia tutto, piange tanto, respira la musica e schifa la gente. Melissa sogna di diventare pittrice ma scopre di non avere una famiglia benestante. Inizia a lavorare ma se ne pente. Incomincia quindi a studiare illustrazione e arti grafiche speciali all’Accademia delle Belle Arti di Novara. Si pente anche di questo. Secondo gli astrologi è fortunata in amore.



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