di Giovanni Arezzo
estratto dallo spettacolo teatrale Quando venne buio (racconto dalle Termopili)
[…]
Cambio netto delle luci. Aristodemo è davanti la porta di casa, nell’attesa che l’amata moglie venga fuori per abbracciarlo e portarlo dentro con sé. Questo desiderio, nei suoi occhi malati e sempre più tristi, si allontana ogni secondo di più dall’essere realizzato.
La prima notte dopo il primo giorno di battaglia, ho dormito in piedi, per tante piccole volte, ci appoggiavamo l’uno all’altro, in guerra la guardia non è mai abbastanza, la veglia è più che necessaria, dovevamo essere vigili, attenti, pronti, scattanti, cattivi, eravamo le uniche sentinelle della nostra terra, le uniche sentinelle della nostra casa, le uniche sentinelle della nostra vita. (una pausa) Forse non le uniche ma senz’altro le migliori, senz’altro quelle pronte a tutto per la Grecia, pronte a tutto per Sparta, la nostra Sparta, pronte anche a lasciare lì, la vita, lì, per terra, sulla terra, con la polvere che ci entrava dappertutto e il sole, lassù, a cuocerci per troppe ore.
Gli occhi… Si chiudevano da soli, gli occhi, perché io li avevo, e sani, prima, gli occhi. (una pausa) La prima notte dopo il primo giorno di battaglia ho dormito in piedi, per tante piccole volte, per non so quanti intervalli di qualche manciata di minuti ciascuno, appoggiato a Eurito, che è sempre accanto a me, siamo sempre l’uno accanto all’altro, come quando non c’è guerra, ché appoggiato a me, anche lui, poteva trovare qualche attimo per rilassare muscoli e testa e cuore.
Ho fatto un sogno, la prima notte dopo il primo giorno di battaglia, un sogno che si spezzava ogni volta che mi svegliavo, e le volte sono state tante, te l’ho detto, e ogni volta che mi riaddormentavo, questo sogno ripartiva da dove si era interrotto, qualche minuto prima, ogni volta, per tutta la notte. Menomale. (una pausa, ora A. racconta il suo sogno) Era la notte prima della mia partenza per le Termopili, ti avevo appena detto che all’alba sarei andato via, con Leonida, con Eurito, con tutti gli altri, e che avremmo difeso con i denti la nostra patria. Provali, allora, questi denti, mi hai detto tu, nel sogno. Eh? Provali, su di me. Mordimi, mi hai detto, e ti sei scoperta un seno. Mordimi mi hai detto un po’ più forte, e ti sei scoperta l’altro. Ti mordo, certo che ti mordo, amata mia, ti mordo finché ho forza, ti mordo finché so, ti mordo con tutto il mio corpo finché non vengono, con le cattive, a mettermi in braccio le armi e finché non mi portano, con le cattive, lontano da te, mia amata, ché la vera guerra, qui, la mia guerra personale, è andarmene senza sapere se ti rivedrò. Un rivolo, piccolo, piccolissimo, un rivolo piccolissimo di sangue ti cola da un capezzolo, forse ho morso troppo, mi sveglio, sudato. Eurito che mi chiede che mi prende, niente, amico mio, ho sognato lei, l’ho sognata, la amo, la amavo, la amerò. Dormiamo, mi fa Eurito, almeno un po’, se ci riusciamo, ma non ti agitare, nel sonno, altrimenti svegli pure me, sogna altro, mi fa Eurito. (un sorriso) Potendoli scegliere, i sogni. (una pausa) Ma io anche potendo scegliere avrei scelto di sognare te, i tuoi seni e i miei canini. Mi riaddormento e sono lì che lo lecco, quel piccolissimo rivolo di sangue che ti cola da un capezzolo, sono lì che bevo e mi disseto, e mi eccito, e anche tu. Mi affondi le unghie nella schiena, così forte che mi mordo le labbra così forte che strizzo gli occhi così forte che mi sveglio, di nuovo. (una pausa) Eurito è sveglio pure, ma non mi dice niente, stavolta, sbuffa, triste, solo, appoggiato a me. Mi sistemo, di nuovo, appollaiato su me stesso e su di lui, sperando che tu possa riuscire a ritornarmi in mente, con Morfeo, e succede. Ti bacio, ti bacio la bocca e le guance e gli occhi e i capelli e il collo, ti bacio tutta, mentre ansimi, all’orecchio, per non svegliare i bambini, e io ansimo nel tuo, che sveglierei la città tutta, e invece mi sveglio io. (una pausa) Mi addormento di nuovo e tu sei sempre lì, tra le mie braccia, nelle mie mani, non ti sei mossa, e ti muovo io, allora, ti prendo, forte e ti piego davanti a me, e ti stringo e mi perdo in te, e ti sudo addosso finché esplodo, dentro di te, come se fosse l’ultima volta, la nostra ultima volta. Mentre vivo, come solo tu sai farmi vivere, mi sveglio, di nuovo. Questa volta, però, la sveglia è diversa dalle altre. Stai sorridendo, mi fa Eurito, può essere faccio io, non ho chiuso occhio, mi fa lui, io, per fortuna, sì, faccio io. Il sogno era finito, nella prima notte dopo il primo giorno di battaglia, e me ne sono accorto perché la luna era chissà dove, le stelle cominciavano a brillare meno, e il sole, viola e basso, mi avvisava che con lui stava nascendo l’alba, l’alba del giorno dopo.
Il testo qui pubblicato, inedito online e su carta, è tratto dallo spettacolo teatrale QUANDO VENNE BUIO (racconto dalle Termopili), nato da una residenza artistica tenuta al Teatro L’Idea di Sambuca di Sicilia e rappresentato in prima assoluta l’11 luglio 2023 in occasione del 67° Tindari Teatro Festival.
drammaturgia di Giovanni Arezzo
con Stefano Panzeri
musiche originali eseguite dal vivo da Michele Piccione
regia di Giovanni Arezzo
una produzione Vimas Teatro
SINOSSI E NOTE DI REGIA
Tra la Tessaglia e la Grecia Meridionale, presso lo stretto delle Termopili, nel 480 a. C., lo spaventoso esercito persiano dell’invincibile Serse, formato da oltre duecentomila soldati, decise di invadere la Grecia, difesa a denti stretti da poche migliaia di soldati, tra cui, in prima linea, i trecento spartani di Leonida.
La Battaglia delle Termopili – pagina di storia paradigmatica, singolare e affascinante, che ha appena compiuto duemilacinquecento anni – figura tra gli accadimenti più importanti per la cultura, l’identità e la tradizione dell’Occidente, fatto storico di costante ispirazione per diversi autori di molta letteratura e poesia europea e mondiale.
In QUANDO VENNE BUIO (racconto dalle Termopili), protagonista è lo spartano Aristodemo che, a causa di un improvviso problema alla vista dovuto alla ferocia degli scontri, poté lasciare le Termopili subito prima della definitiva invasione persiana e della conseguente disfatta dell’esercito greco, pur sapendo che dalla guerra uno spartano torna o con lo scudo o sullo scudo, vincitore o morto. Una volta tornato a casa, viene però isolato, schernito, messo all’angolo, respinto perfino dalla moglie, violentemente accusato di tradimento e codardia per aver abbandonato a morte certa i propri compagni, salvando con egoismo la propria vita. Unico spartano superstite, parla ora alla moglie, che muta lo ascolta dall’altra parte della porta di casa (porta che non aprirà mai), ora alla sua città tutta, al centro dell’agorà di Sparta, raccontando la sua versione dei fatti, i tre giorni di scontri violentissimi e spietati, le sue ragioni per essere sceso in campo e quelle per essersi ritirato anzitempo dalla battaglia.
Tra storia e mito, teatro di narrazione e poesia, unico attore di QUANDO VENNE BUIO è Stefano Panzeri, corpo e voce di Aristodemo (e, attraverso il suo racconto, dei tanti altri personaggi della storia, greci e persiani: su tutti, Leonida, l’invincibile Serse, Efialte il traditore, e ancora vari messi e soldati dell’una e dell’altra formazione), accompagnato dalle musiche dal vivo di Michele Piccione, tra strumenti etnici, musica elettronica ed effettistica.
Tradizione, etimologicamente, è ciò che si tramanda nel tempo attraverso le generazioni. Con la convinzione che una storia simile, seppur antica di duemilacinquecento anni, possa e debba assolutamente parlare alle donne e agli uomini di oggi, Quando venne buio trova nel teatro di narrazione e nel linguaggio proprio della poesia contemporanea, dello slam, dello spoken word, i due principali modelli di espressione artistica, ad oggi forse le forme più alte e sincere di tradizione orale nel mondo, in grado di trasformare, declinandoli al presente, gli esempi e gli insegnamenti degli aedi e dei cantori greci.
Giovanni Arezzo (Ragusa, 1985). Attore e regista, si è diplomato nel 2006 all’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica “Silvio D’Amico” di Roma. In teatro ha recitato diretto, tra gli altri, da Silvio Peroni, Francesco Saponaro, Guglielmo Ferro, Fabrizio Falco, Simone Luglio, Nicola Alberto Orofino; al cinema ha recitato in Hungry Birds, I Pionieri, La notte è un posto sicuro, Il Giudice e il Boss, e in TV ne Il commissario Montalbano, Apnea, Donne, RIS. Nel 2007 ha ricevuto una menzione speciale al Premio Hystrio “alla vocazione” per attori under 30. Come regista ha diretto: Natura morta in un fosso di Fausto Paravidino, Girasoli (di cui è co-autore) e Decadenze di Steven Berkoff, spettacolo vincitore del bando Catania Premia Catania del Teatro Stabile. È autore di 3112, testo secondo classificato al Premio InediTO 2021, di 500L (2022), ed è co-autore della serie teatrale Tornati (a casa) per tempo, prodotta dal Teatro Stabile di Catania, con la quale nel 2022 vince il Premio Pirandello. Nel 2023 ha scritto e diretto il monologo teatrale Quando venne buio (racconto dalle Termopili).
È anche rapper con lo pseudonimo di Soulcè, finalista nel 2014 del concorso per autori Genova X Voi, e nel 2019 del Campionato Nazionale della LIPS.
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