I.
Scuole inferiori ti insegnavano
secondo le stagghiate
d’una malaccademia che l’errore
per la gramigna dassi nel saper
essere squama, non sbocciare
staccando dalle vertebre
la sua sostanza di cisposa e rogna;
strisciare in luce d’altro per rinuncia
o semplice fatica.
L’errore è verità al tuo caucaso,
al fegato spezzato la falange.
II.
La rivolta del colon l’ho bevuta
fin sul trave stellato e non ho chiesto
se ne fosse l’indizio identitario
dell’esistere un loco superiore
per i pochi che già si comodavano
a più bassa seduta; que de ruses,
che contratto indecente vi costringe?
III.
Cadde in un buco giù
poi divenne soffiatore
che si stende da l’ossario
(poc’oltre, a dire il vero)
e parrebbe più profondo
nel suo centro medesimo,
soprannumero dei persi,
cottura vergognosa
di dracena e pulicaria.
Per giungere radice
si percorre il verticale,
e scinde dal minore
per sua colpa, sua grandissima:
occupare quel recinto
è come derubare
il marmo della posa.
IV.
Tra i contrafforti di cerro si pianse,
anzi fu il liuto a toccare per primo
lo scoperchiato prodigio che il gallo
schioccava, poi frollando in negritudine
vermi di stelle. Sconfitto, ed amabile
‒ per l’etica che amore ci ha castrato ‒
venne il viandante, colui-che-decalva
da loro quanto altrui si presumeva,
sellava il cane e il puledro ugualmente:
«Deluso è il vostro perdono», diceva
piangendo pure, metà vendicato
come si taglia un collo teso al cielo.

su supporto digitale rimediato, 20×35, 2023.
Diego Riccobene (Alba, 1981) vive e lavora in provincia di Cuneo. Laureato in Filologia moderna presso l’Università degli Studi di Torino, è poeta, docente, musicista. Suoi scritti e interventi sono apparsi su antologie, webzine e testate quali «La Repubblica», «Atelier», «Poesia del Nostro Tempo», «Versante Ripido», «Inverso», «Laboratori Poesia», «La poesia e lo spirito», «l’Estroverso», «Le Parole di Fedro». Alcuni suoi componimenti sono stati tradotti in lingua spagnola dal Centro Cultural Tina Modotti. Dal 2022 fa parte della redazione di «Menabò» online.
Ha pubblicato le seguenti opere di poesia: Ballate nere (Italic Pequod, 2021), Synagoga, (2023, Fallone), Larvae (Arcipelago Itaca, 2023).
Fabrizio Ajello, artista, vive e lavora a Firenze. Si è laureato presso l’Università di Palermo, facoltà di Lettere e Filosofia, con una tesi in storia dell’arte contemporanea. Negli anni ’90 comincia a esporre e collaborare con artisti italiani ed esteri. La sua attività spazia dalle tecniche ad olio e inchiostro alla fotografia, al collage, all’installazione, individuando nei temi della memoria, del confronto culturale, della relazione tra il sacro e l’immaginario personale e della ricerca sullo spazio come luogo da leggere e interpretare artisticamente il proprio fulcro tematico. Ha esposto in Italia e all’estero, ed è uno dei membri del progetto Spazi docili.
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