Fiori

di Emiliano Peguiron

Per prima cosa spegne l’insegna luminosa, “Fioreria Floriana”. Molti avevano detto al fioraio che il nome era discutibile. Tutti, invece, si erano schierati contro l’insegna al neon, descrivendola come pacchiana, un pugno in un occhio: una specie di palma multicolore affiancata da due effe, la prima rosa e la seconda gialla, seguite dalle parti restanti dei due termini. Eppure il negozio era ancora lì, resistente come le antichità in un museo.

Il fioraio con la tuta mimetica inizia a sgomberare le piante e i fiori dall’ingresso. Le panche di plastica lentamente si svuotano e resta solo del giallo consumato dagli anni. L’uomo, con un’espressione marmorea, tira una delle scatole che contengono i vasi in un angolo, torna dentro, lo sguardo fisso sul pavimento, e inizia a spegnere le luci. Prima quelle esterne: metà delle piante ora sono al buio e la panca gialla assume un’aria ancora più consunta. Il fioraio torna fuori, non si è dimenticato di loro. Come colto da un’improvvisa amnesia, rientra. Esce nuovamente e inizia a liberare un’altra delle panche gialle. Prende tutti i vasi della postazione di sinistra e torna dentro. Inizia ad occuparsi degli addobbi che incorniciano l’ingresso, se ne disfa rapidamente mettendoli all’interno e si riaffaccia. Al centro tra le due panche gialle è rimasta una sola impalcatura di ferraccio color verde anonimo piena di vasi di ogni dimensione, in cui troneggiano fiori di ogni forma e dai colori più sgargianti, che prima non si notavano. Il fioraio non se ne cura e si libera della panca destra, la prima svuotata dai fiori. La rimette nel negozio, torna e fa lo stesso con la panca sinistra. Sembrerebbe arrivato il turno della pila di fiori centrale, quella oscurata dalle due file minori delle panche di plastica, e invece no. Il fioraio inizia ad arrotolare il tendone che copriva le piante e i fiori dalle intemperie e dagli sguardi dei passanti. Lo fa con dolcezza, con la cura che si riserva alle cose di fondamentale importanza. Ora la pila centrale è indifesa e il fioraio si appresta a svuotarla. Torna dentro trasportando il trono verde anonimo, ormai spoglio. Esce di nuovo con la stessa impassibile espressione che lo ha accompagnato durante tutte le azioni. Fa un cenno dentro ed esce una signora. La moglie esce e si guarda attorno spaesata come se la sua unica realtà fosse il negozio. Le sorride, le affida il suo braccio mimetico e insieme si avviano verso casa. Domani bisogna sistemare tutto daccapo.


Maurizio Minoggio, 2023.

Emiliano Peguiron (Roma, 1996) si è laureato nel 2022 in Editoria e scrittura presso La Sapienza di Roma. Attualmente è un editor e scrive articoli di argomento culturale. Le sue poesie sono apparse su riviste online («Inverso», «Il visionario», «YAWP Urlo Barbarico», «Intermezzo», «Lieto Colle/Residenze poetiche», «Aratea», «Super Tramps Club») e sul quotidiano la repubblica di Bari con il componimento Caffè. La raccolta di poesie Non chiedermi il perché (La Gru edizioni, 2021) rappresenta il suo esordio letterario.


Maurizio Minoggio, disegnatore e grafico. Ha collaborato, fra le altre testate, con «Linus», «Cuore», «7 – Corriere della Sera», «Smemoranda». Vive a Milano.


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