Lo scrittore era seduto sulla sua poltrona. Aveva gli occhi chiusi e la testa reclinata sullo schienale. Il mento era stretto sul collo e formava un rigonfiamento sotto il mento puntellato dai peli della barba bianca. Dietro di lui lo scaffale della libreria alta fino al soffitto, a coprire tutta la parete. I volumi, i tomi e le più piccole edizioni tascabili sembravano disposte senza criterio, eppure lui, anche così, con gli occhi chiusi e con il volto rivolto nella direzione opposta, avrebbe potuto trovare il libro che aveva in mente, proprio dietro al tomo sulla storia delle violenze della Chiesa, e aprirlo alla pagina esatta che gli sarebbe servita per la scena del suo romanzo ambientata in un monastero di Brema nel 1500. Non c’era libro in quella libreria che non fosse anche contenuto nella sua mente, nella stessa posizione e dietro gli stessi tomi. Si poteva forse dire che quella stessa biblioteca esistesse così com’era anche nella sua mente, che in quel momento stava inquadrando sé stesso seduto con la testa reclinata su una poltrona, che era la stessa su cui era seduto realmente. Anche quello scrittore che era sé stesso e che era presente nella sua mente e sedeva davanti alla stessa biblioteca, poteva sentire lo stesso prurito alla barba che provava lui? Pensò che se anche quell’altro scrittore era in grado di sentire quel prurito e di grattarsi nello stesso punto, proprio lì dove il mento si univa al gozzo, perché non poteva essere considerato reale quanto lui? Forse egli stesso era frutto del pensiero di un altro sé stesso di una sfera più ampia che stava effettuando le stesse considerazioni. Forse il gioco non aveva una fine in nessuna delle due direzioni, né in senso più ampio né più stretto, e non aveva senso perché se lui era parte di una serie infinita poteva benissimo non esistere affatto. Poi a un tratto il suo ragionamento si fermò, quel circolo infinito si bloccò. Lui non poteva vedere sé stesso dall’esterno così come nella sua mente vedeva l’altro scrittore identico a sé sulla sua stessa poltrona adesso. Allora forse l’altro non era realmente identico a sé stesso, ma era come lui si immaginava visto dagli altri, dall’esterno, e quindi era qualcuno di molto simile a lui, con le stesse fattezze, la stessa barba, lo stesso prurito, ma non era lui e quest’altro scrittore immaginava a sua volta sé stesso in modo diverso da come lui ora lo stava guardando. Immaginò che queste piccole differenze partivano da un essere che era quasi un suo doppio e, di piccola difformità in piccola difformità, proiettate verso l’infinito, andavano a coprire tutte le combinazioni delle possibilità degli esseri umani. In quelle proiezioni infinite erano compresi tutti gli uomini possibili e tutte le biblioteche possibili, in quel rimando senza fine erano racchiusi tutti gli uomini vissuti e tutti quelli che sarebbero mai vissuti in futuro e anche quelli che sarebbero potuti esistere in potenza e che invece sarebbero rimasti soltanto delle possibilità. Fu confortato quando capì che tra tutti quei sé stessi c’era davvero anche la sua copia esatta, il vero sé stesso, non quello che vedevano gli altri, non quello che lui vedeva, ma quello che era davvero, oggettivamente, il suo vero io. A questo pensiero fu così rinfrancato che aprì gli occhi e tutto il mondo scomparve.
Il riposo dello scrittore è apparso in anteprima il 3 marzo 2025 su L’Appeso Numero 6.

Pierluigi Faiella (1989), originario di Roccapiemonte (SA), vive e lavora all’estero da circa 7 anni. Ha pubblicato scritti in raccolte antologiche e sulle riviste «Micorrize» e «GradoZero».
Dario Licata, illustratore siciliano residente a Milano, è specializzato in illustrazione editoriale, collaborando con riviste e piattaforme online, e comunicazione corporate per aziende. Vincitore di diversi concorsi di illustrazione, sviluppa un linguaggio visivo basato sulle metafore, creando atmosfere oniriche e immagini sospese tra sogno e realtà. Predilige linee essenziali per conferire immediatezza ai suoi messaggi, utilizzando elementi figurativi e simbolici per esprimere concetti in modo evocativo e suggestivo. Le sue opere creano dimensioni oniriche che legano l’immaginario estetico dell’infanzia alle riflessioni dell’età adulta.
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