Riproviamo

di Simone Redaelli

Piazza di Spagna 31, Roma, 1973


Riproviamo,

Una nera luna galleggia nel cielo, riproviamo, un filo fuoriesce dal tetto spalancato di un tempio e annega nell’ombra della notte, riproviamo, il sole ha vinto la sua battaglia contro la luna e colora la notte, non è vero, il sole ha vinto la sua battaglia contro la luna e infatti è esposto su un cavalletto come un medagliato in trionfo, riproviamo, la luna è un manichino abbandonato senza vita, no, il sole e la luna hanno preso il posto degli uomini sul palcoscenico museale del mondo, troppo filosofico, la luna è la luna è la luna, chi lo diceva, non mutuare le citazioni, le ombre prendono il posto dei rispettivi corpi celesti, non essere didascalico,

Giovanni?

(questa voce che filtra come una luce nera dalla porta socchiusa del mio studio di chi è. Mia moglie che mi chiama?)

Giovanni, cosa ci fai qua sveglio alla scrivania di notte?

(adesso ti rispondo, okay? Ma il solo pensiero di mettermi a bisbigliare mi fa… Sta entrando)

Giovanni?

Maria, sto iniziando il mio saggio su Il sole sul cavalletto di de Chirico!

Su cosa?

Guarda qui:

Giovanni, lo sai che non vedo niente al buio.

Riproviamo,

Fu il giorno in cui mia moglie vide questo quadro per la prima volta, ed era una mattina di pieno sole, che iniziò a scambiare la luce per il buio, troppo personale, riproviamo


Giovanni, vieni a letto, ci lavori domani mattina!

Correva a piedi nudi sul parquet lucido come acqua del mio studio, Maria, accorreva alla finestra, ingenua e bambina, e si sporgeva a prendere i raggi morti di un sole nero mentre, dietro di lei, nel gioco crudele delle marionette, qualcuno tirava quei fili che con tanta precarietà accendono e spengono la vita, facendole vedere le cose buie, illuminate, e le cose illuminate, buie, troppo narrativo

(Sottovoce, nella mia testa) Giovanni, per scrivere il saggio devi ascoltare le parole di de Chirico…!

Riproviamo, ha ragione mia moglie, de Chirico dice che questo è un soggetto che riguarda i soli, ma a me pare riguardi le lune, a me pare riguardi la notte, perché fuori si spegne tutto tranne il cielo, come in un principio di tramonto, e si riaccende tutto dentro un palcoscenico, dietro a una finestra, a quella finestra alla quale è accorsa mia moglie, che vede solo il sole, un sole nero, abbacinante, nonostante il sole giallo, a lampadina, alle sue spalle, nonostante la luna nera, a palloncino, che tende verso l’alto, davanti a lei,

(mia moglie, che mi vuol bene, cerca di interrompermi mentre scrivo, e si avvicina alla scrivania dello studio, e si siede mollemente sulle mie gambe, ed io, che sto scrivendo e sono seduto sulla poltrona, la stringo con un braccio ma non mi volto e non la guardo, e continuo a scrivere, anche adesso sto scrivendo, anche se lei non può vedermi, sto scrivendo, è palese, anche se questo saggio non vuol proprio scriversi, è palese)

Il tema dei manichini,

in de Chirico, ci ricorda che l’uomo, se privato d’una dimensione temporale, se sottratto al naturale incedere del divenire, sopravvive in pose e posture consegnate alla forma più rarefatta di eternità: e non è forse questo che io e mia moglie stiamo facendo, non è forse che siamo delle imposture inchiodate all’abitudine?

Dammi un bacio.

Se ti do un bacio, mi distraggo.

Ma se mi hai appena risposto. Ti sei già distratto!

Ma siamo ancora nella stessa posizione di prima, cioè immobili, e l’immobilità non destabilizza la mia scrittura.

Sei riuscito a iniziare il saggio?

Meno male che alla luce del giorno non vedi nulla, Maria, altrimenti non vedresti proprio nulla su questo foglio bianco!

Riproviamo,

Giovanni, ma questo de Chirico era uno importante? Mia moglie me lo chiese quel giorno che per lei pareva notte, quello in cui iniziai a scrivere questo saggio, alle prime luci dell’alba. E la risposta non mi venne, mi venne una domanda: hai presente i Bagni Misteriosi? Quelli in Porta Romana? Sì. Sì! A de Chirico piacevano un sacco e li dipingeva sempre. Anche a me piacciono un sacco, Giovanni! Ecco perché de Chirico era uno importante! (chissà chi lo avrà detto dei due, non ricordo, ricordo però che fu in quel frangente che mia moglie entrò nello studio, in quel frangente venne verso la scrivania e sedette sulle mie gambe, proprio mentre io ero seduto sulla mia poltrona. E fu quella la volta in cui io la strinsi con un braccio, ma non mi voltai, e continuai a scrivere)

Maria, se finisco questo saggio secondo me abbiamo una chance.

(Ride e poi esclama) Non abbiamo nessuna chance perché io continuerò a vederti solo di notte, quando tu dormi.

Beata te che puoi fermare il tempo.

Ma che dici?

de Chirico ritraeva questi bagni il cui parquet che era acqua mi ricordava il parquet che non era acqua del mio studio, ed esattamente questo dicevo a mia moglie, che ancora mia moglie non era, cioè le indicavo questo quadro ed esattamente questo le dicevo, le dicevo “il parquet di de Chirico è vivo, si mangia le cose come i sassi affondano nel mare” e lei si innamorava di me perché voleva vedere casa mia, e io per innamorarmi di lei studiavo il tek che era rovere che era mogano che mi costringeva a chiedere a mio padre, parchettista di mestiere, quale tonalità meglio rispecchiasse la pittura a olio (e a pastello) usata da de Chirico, perché anche il parquet, mi rispondeva lui, si può verniciare a olio (ma non a pastello), insomma di fronte a quel quadro io e mia moglie, che ancora mia moglie non era, eravamo una coppia come tante, una coppia come tante davanti a un quadro, a fantasticare sulla vita. E mi duole venire a conoscenza, proprio oggi, per bocca di quella che è divenuta poi mia moglie, che a lei ancora piacciono i Bagni Misteriosi, ma che non ha più alcuna contezza del perché. (È però, in effetti, corsa come una bambina su questo parquet, che ho lucidato proprio ieri, come acqua, con l’ausilio sapiente di mio padre, che è parchettista di mestiere, per farla innamorare di nuovo, di me)

Oggi, vago, solo, per i corridoi temporanei della Temporanea su de Chirico a Palazzo Reale, vago e ti cerco tra le didascalie nelle quali scopro da Philippe Daverio che “Giorgio de Chirico scopre, allora [nel 1927], una gamma cromatica che sembra già la solarizzazione fotografica”, che mi spiega, in effetti, come una gamma cromatica possa mimare la solarizzazione fotografica (la quale, per gli inesperti, è un fenomeno fotografico che consente di invertire i toni cromatici, con il risultato che le zone negative risultano positive, e viceversa, il buio si scambia con la luce, e viceversa) e se ti trovo in queste inversioni, forse, se ti trovo in queste inversioni, la smetterai di correre come una bambina sul parquet del mio studio che è come acqua e di sporgerti oltre il davanzale e di guardare quel sole nero, ma quando torno alla Temporanea trovo solo i Bagni Misteriosi e, in quel momento, mi ricordo che non ti ricordi più che proprio qui davanti ci siamo conosciuti, come tante altre coppie, come questi Nus antiques, come questa coppia di figure mitologiche, nelle quali de Chirico inventa la solarizzazione cromatica.

Sono a casa, mi dice.

Quello che sta rientrando a casa però sono io, di ritorno dai Bagni Misteriosi, via Carlo Botta 18, Google dice “Centro natatorio e culturale anni ’30 con piscine da 50 e 25 metri che in inverno si trasformano in pista di pattinaggio sul ghiaccio”, e dire che non lo sapevo, ciò che invece già sapevo lo leggo nella descrizione sopra le recensioni non verificate di Google, cioè leggo che è “Un posto unico, una piscina anni ’30 riqualificata nel cuore di Milano, estensione del Teatro Franco Parenti. Balneazione da giugno a settembre con bistrot e aperitivo a bordo vasca, arena estiva attiva per spettacoli, bellissimi gli spazi della Palazzina, perfetti per performance, mostre, eventi, laboratori. In inverno gli spazi si trasformano in un villaggio natalizio con pista di pattinaggio, mercatini natalizi e bistrot con dehors riscaldato vista piscina”. Insomma, le informazioni parzialmente collimano, parzialmente si sovrappongono, tutto però inizia a tradire la mia memoria.

Hai comprato il pane? Mi chiede.

Sono le 19.32, il sole sta andando giù oltre l’orizzonte, e per lei è l’alba.

Non sono ancora aperti i panettieri, Maria. (Il che è vero, perché hanno appena chiuso, il fatto che abbiano appena chiuso non significa che non siano ancora aperti, è solo una questione di come percepiamo il tempo, insomma ha ragione lei, penso si possa ammettere che un po’ di ragione ce l’ha anche lei)

Riproviamo,

Mi sono rassegnato alla realtà di mia moglie. Non intendo chiederle di ricordarsi, ogni giorno e ogni notte, di considerare che il giorno e la notte siano da invertire, perché in effetti sarebbe un’inversione falsa, e non voglio che lei viva una menzogna, e me la racconti. Anche perché io mi ricorderei, ogni giorno e ogni notte, che lei sta mentendo, e dunque saremmo in due, a mentire. Mentre se io fingo di imparare a vedere come lei vede, l’unico a mentire sono io. E la matematica vince su tutto. (Mia moglie è corsa come una bambina su questo parquet, che ho lucidato ancora una volta proprio ieri, come acqua, come m’ha detto di fare mio padre, proprio ieri, per la prima volta, e non so dire se sia giorno o notte, anche se il sole in cielo è nero. Finalmente, ho finito il mio saggio.)

Riproviamo,


© Didì Gallese, Di Luna e Malinconie, 2024.

Simone Redaelli è un biologo molecolare con un dottorato di ricerca in medicina rigenerativa. Lavora a Milano come Medical Writing Manager nel settore della comunicazione scientifica e come ricercatore in Bioetica all’Università di Zurigo. Nel 2018 fonda Culturico, una piattaforma online che si propone di combattere la disinformazione e la misinformazione scientifica e culturale. Appassionato di lettura e di scrittura creativa, nel 2022 inizia a frequentare i corsi di Raul Montanari. Suoi racconti sono apparsi su «Rivista Blam», «Argonline», «Nazione Indiana».


Diana Daniela Gallese (Didì), illustratrice editoriale e artista poliedrica, è diplomata in grafica e illustrazione presso l’Accademia di Belle Arti di Macerata. Amante del potere esoterico del nero, delle tenebre, e delle storie orrorifiche, esordisce in editoria con l’albo illustrato La Leggenda di Sleepy Hollow (Officina Milena, 2019). Le sue illustrazioni accompagnano testi editi da Officina Milena, ABEditore, Pidgin, Empireo Editora; collabora inoltre con riviste editoriali nazionali e internazionali tra cui «Tit’s n’ Tales», «9righe», «IMON», «La Nuova Carne», «Bomarscé», «L’Appeso». Conduce una ricerca sulle emozioni studiando Arte per la Terapia all’Accademia di Belle Arti di Roma. Il suo linguaggio fluisce e si lega a quello di musicisti, scrittori e artisti; la fascinazione per il legame suono/segno e la relativa ricerca emergono nel volume illustrato Nemusico, L’Incanto essenziale di Alberto Nemo (Arcana Edizioni, 2021), dunque continua e sfocia nel progetto Klang-Farbe, duo musical-pittorico con il Maestro Roberto Bisegna. Collabora con la Casa delle Donne di Avezzano (AQ) ed è parte del collettivo di artisti CRUSH di Roma, per cui realizza eventi e laboratori artistico-creativi.



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