Alberta

Mia madre qualche volta raccontava. Raramente. Così avevo appreso che c’era stato un tempo in cui Alberta sarebbe potuta diventare suora. Perché non fosse successo, non lo sapevo. Lei raccontava, ma non tutto. C’erano cose che non potevano trovare la forma delle parole.
Quando una persona dimentica, non è più lei, sussurrava mia madre e la voce sembrava sabbia che scivolava dalle mani. Non era mai impulsiva, Alberta, e se non era sicura, rifletteva ancora.
Quelle frasi, che lei affermava con convinzione e senza amarezza, mi tornarono tutte quando capii che ricordare sarebbe stato compito mio.
Alberta conosceva l’ineluttabilità del suo destino perché a suo padre era toccato lo stesso e forse anche al nonno. Ci sono cose che uno ha dentro e non c’è niente da fare, ci spiegava, e io capivo a stento. Avevo dodici anni e mia madre ci raccontava che dubitava di tutto ma non della sfortuna. Allora lei passeggiava vicino al lago, specialmente al tramonto o la mattina presto, fino alla vallata, non molto distante dalla casa in montagna. Due decumani in croce dividevano questa grande distesa di terra incolta in quattro parti. Alberta ci raccontava che il decumano orizzontale era la via del desiderio; mentre quello verticale era la via della ragione. Al centro della vallata un piccolo lago, non più grande della pista di un circo, ma profondo e limaccioso.
Otto anni dopo, quando ormai lei non ci metteva più piede e nemmeno io, sull’argine di quel piccolo mostro dove le rane gracidavano nelle notti estive e noi avevamo perso ogni cosa, sotto un enorme corniolo che alterna fiori bianchi e frutti rossi c’era una nicchia fatta di rami di sanguinella intrecciati. Dentro era protetta un’orchidea blu, esile, che spiccava per il colore intenso dei petali in contrasto con il rosso della piccola cappella. Si trovava nascosta tra i cespugli bassi. Questo era il posto in cui Alberta voleva sempre stare quando la cappella non c’era. Persino in inverno, quando solo i cinghiali si andavano ad abbeverare. Alberta si copriva fino alle orecchie e si sedeva a fissare quel lago il cui colore le ricordava la morte di Casagemas; La Mariée di Chagall e i cieli di Utrillo.
Teneva Il testamento di Rilke in una delle tasche del grande cappotto e con le mani macchiate e secche come rovi di biancospino apriva una pagina a caso e sussurrava le parole del suo poeta preferito.
Esistono preghiere di quando le preghiere sono finite, diceva quando pensava che sarebbe stata per sempre la nostra mamma e le piaceva spiegare le cose o almeno provarci, sorridendo con gli occhi soprattutto, mentre quando divenne solo Alberta, tacque furiosamente.


© Didì Gallese, Orchidea, 2023.

Pierangelo Consoli Laureato in Lettere Moderne presso la Federico II di Napoli con una tesi su Stanley Milgram e le teorie sull’obbedienza, ha conseguito un diploma di sceneggiatura cinematografica presso la scuola di cinema Pigrecoemme di Napoli. Finalista al premio Nazionale “La Giara” Rai Eri con il romanzo Salta Tutto, poi pubblicato dalle edizioni Besa Nadir; con lo stesso romanzo ha partecipato al programma televisivo Masterpiece. Ha lavorato alla sezione di letteratura sperimentale presso il Collettivo Cerchi, con il quale ha pubblicato La telemetria dei corpi in movimento, progetto patrocinato dall’università degli studi di Salerno. Con Giraldi Editore ha pubblicato i romanzi Personae e Replicare. Ha vinto il concorso “Io Scrittore” per il gruppo editoriale Mauri Spagnol con il romanzo Come il buio per le stelle. Scrive per la rivista letteraria Satisfiction. Vive a Salerno.


Diana Daniela Gallese (Didì), illustratrice editoriale e artista poliedrica, è diplomata in grafica e illustrazione presso l’Accademia di Belle Arti di Macerata. Amante del potere esoterico del nero, delle tenebre, e delle storie orrorifiche, esordisce in editoria con l’albo illustrato La Leggenda di Sleepy Hollow (Officina Milena, 2019). Le sue illustrazioni accompagnano testi editi da Officina Milena, ABEditore, Pidgin, Empireo Editora; collabora inoltre con riviste editoriali nazionali e internazionali tra cui Tit’s n’ Tales, 9righe, IMON, La Nuova Carne, Bomarscé. Conduce una ricerca sulle emozioni studiando Arte per la Terapia all’Accademia di Belle Arti di Roma. Il suo linguaggio fluisce e si lega a quello di musicisti, scrittori e artisti; la fascinazione per il legame suono/segno e la relativa ricerca emergono nel volume illustrato Nemusico, L’Incanto essenziale di Alberto Nemo (Arcana Edizioni, 2021), dunque continua e sfocia nel progetto Klang-Farbe, duo musical-pittorico con il Maestro Roberto Bisegna. Collabora con la Casa delle Donne di Avezzano (AQ) ed è parte del collettivo di artisti CRUSH di Roma, per cui realizza eventi e laboratori artistico-creativi.


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