Giorgia Papagno – Non sarò mai Manhattan

Fotografie di Giorgia Papagno

Fermata Fimon

Gli spazi tra le parentesi si dilatano
nel confessionale dell’utilitaria
a motore spento puntata
verso l’altra sponda del lago.

Li riempie di racconti di casa,
ti portavano qui a pescare gamberetti
e di sono in un periodo che
ed io non voglio entrare in
torna poi all’autoradio
ed io alla preoccupazione per la pioggia,
al tormentarmi la collana.

Ed è forse il liquefarsi impressionista
delle colorate famiglie in passeggiata al di là del parabrezza
l’orario dell’ultimo treno utile controllato più volte e ripetuto
che mi salva dall’ennesima esegesi del nostro rapporto:

la riservo al ritorno.

Eredità

Abbiamo traslocato, di nuovo
per l’ottava volta riordinare secondo alfabeto
per l’ottava volta mi chiede: due copie di Blue?

Quasi consumate allo stesso modo
le copertine
Tuo padre, il mio.

Mi ha raccontato,
Un’americana, in vacanza, in Grecia,
ridendo a tavola.

Tu all’epoca non parlavi inglese!
E tu avevi dodici anni!
Nell’angolo destro a matita
1972.

Brumal

Se la notte non dormo
non la notte ma il giorno poi
ad essere intollerabile
scopro la casa immobile

non come quando rientro
dopo una giornata alla scrivania
sembra dirmi non mi appartieni

i mobili vivono di scricchiolii
riposano gli animali d’argento
sopravvivono nelle credenze
(disperate arche contro l’alluvione del tempo)

le famiglie non sanno mai che cosa farne.

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Giorgia Papagno nasce a Brescia nel 1987, si laurea in Lettere Moderne presso l’Università degli Studi di Padova. Trascorre un periodo di studio alla Columbia University di New York e al suo ritorno in Italia si specializza nella didattica della lingua italiana a stranieri presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia. Insegna precariamente nella scuola pubblica. I suoi lavori, spesso un ibrido tra prosa, poesia e drammaturgia, sono apparsi su riviste indipendenti italiane e internazionali come «Lahar Magazine», «Clean», «Auralcrave», «The Loch Raven Review», «Ratpark»; alcuni sono andati in scena, altri sono diventati testi per il progetto musicale “John Edit”.

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