di Ermes Medemo
Camera al piano di sopra. Io e lei abbiamo litigato. L’orologio segna le 17:10. Scendo a prendere qualcosa (non so cosa), risalgo subito. L’orologio segna le 22:50. Impossibile, mi dico, sarò mancato due minuti o poco più. Guardo fuori, è buio. Di nuovo, impossibile: poco fa non era ancora il calar del sole. Lei non comprende le ragioni del mio stupore, non comunichiamo, non ci capiamo. Cinque ore e quaranta minuti della mia vita completamente svanite. Cosa ho fatto? Cos’è accaduto nel frattempo? Vuoto totale. Dico qualcosa, lei farfuglia qualcos’altro, mi innervosisco, riscendo per controllare l’orologio da parete appeso in cucina. DEVONO essere le 17:10 o poco più, non importa che fuori sia già buio pesto. A pianterreno – d’un tratto e senza alcun motivo apparente – c’è molta, troppa gente. Non conosco nessuno, amici di amici, forse. La confusione mi disorienta, dimentico di controllare l’orologio, risalgo. La scala, come sempre, è esterna, ma stavolta manca la ringhiera. Senza ringhiera sembra salire fino in cielo. Poco dopo la metà inizio a soffrire di vertigini: i tre metri che mi separano da terra sembrano uno strapiombo. Mi metto carponi, salgo la scala così, con le mani e le ginocchia, arranco, mi sento lento e pesante. Arrivo in cima, entro. L’atmosfera della camera è surreale, la luce lunare, la finestra spalancata; la brezza notturna muove la tenda semitrasparente, misteriosa e lieve. Lei dov’è? La chiamo, non risponde. Poi la vedo apparire da un angolo buio: è vestita da… tigre. Un costume ambiguo, dallo stile vagamente orientale; non somiglia davvero a una tigre, ma io so che è una tigre. Si avvicina, il suo costume lascia intravedere ampie zone di pelle nuda. Mi guarda, non parla, avanza, si muove lentamente, si accarezza il ventre.
Voglio fare l’amore con lei.
Mi sveglio in piena erezione.

In copertina: Caino, 2023.
Ermes Medemo (…)
Caino, duo di illustratorə digitali, direttamente dalla redazione de «L’Appeso».

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